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L'AERONAUTICA     193

qualche fotografia su questa colonne (L'Aeronautica, anno III, n. 2, pagg. 69-72, dove il lettore può trovare dati e caratteristiche della Roma) non segnano un progresso inferiore a quello delle consorelle rigide tedesche.  E se non ebbero come queste, anche per la maggior semplecità di costruzione e la miglior resistenza agli sforzi anormali, un'infanzia stentata e dolorosa (si recorderà a tal proposito che le prime aeronavi militari italiane navigavano a 50 km/ora ed erano ottime manovriere anche negli atterraggi), pur non compirono passi meno giganteschi, sia per le velocità raggiunte (1), sia per il diminuito rapporto tra il peso proprio dell'aeronave ed il carico utile trasportato, sia per l'assoluta tranquilità di navigazione, sia per la robustezza di costruzione.

Quest'ultima, nelle nostre aeronavi più veloci, è ottenuta in modo da porre sempre più in evidenza i pregi tecnici che, oltre i vantaggi economici, il sistema semirigido, ha sul rigido.  Infatti l'accoppiamento d'una prua metallica rigida ad un involucro di sola stoffa, riunisce i due vantaggi di non rendere vitale il mantenimento d'un'elevata soprapressione del gas, dato che in genere la sola parte aerodinimicamente compressa è la prua, e di mantenere al complesso quella fessibilità sufficiente a renderlo capace di meglio resistere a sollecitazioni anormali.

Quanto poi agl'impennaggi con sezione a V e perciò tali da presentare contemporaneamente la massima efficacia, perchè rigidi, e la minima resistenza al moto, perchè non richiedono imbrigliamenti di cavi esterni, possiamo dire che da tempo erano stati oggetto di studio presso lo Stabilimento di Costruzione Aeronautiche.

Il comandante Strazzeri, riassume poi con rapida sintesi i concetti essenziali che presiedono alla navigazione, ma non certo per far rilevare peculairi caratteristiche dei rigidi tedeschi, poichè tali concetti sono comuni a qualunque tipo di aeronave moderna, dalla divisione della camera del gas in scompoarti stagni alla possibilità di sostenersi dinamicamente, e dalla presenza delle valvole automatiche e comandate per l'evacuazione del gas, alla facoltà di manovrare in quota, senza gettito di zavorra, quando si è in regime di pallone non pieno.

Prendiamo dunque atto di quanto si fa all'estero ma sia ciò per noi d'incitamento, e pertanto speriamo che l'affermazione contenuta nell'ultimo periodo dell'articolo, si possa tra breve estendere anche alle aeronavi italiane, coronando in tal modo di meritato successo l'opera lunga ed assidua di cui esse sono il frutto, e mantenendo all'Italia il posto d'onore che ha saputo conquistarsi nella tecnica aeronautica.

Giugno 1920.

Ing. A. ZEZI.

(1) Notizie recentissime portate dall'ing. Guidetti, circa la velocità e la potenza del Nordstern e del Bodensee, precisano i relativi massimi a 123 chilometri all'ora e a 1200 cavalli.

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I VOLI A GRANDE ALTEZZA - IL RECORD DEL MAGG. SCHROEDER

L'esercito americano possiede al campo di Mc. Cook Dayton, una grandiosa stazione sperimentale fornita di uffici, officine, hangars, aeroscali, ece., con 600 operai e 200 impiegati, adbita alle più svariate ricerche, fra le quali talune in collaborazione col "National Advisory Committee for Aeronautics" (Comitato Consultivo Nazionale per l'Aeronautica) che vi possiede un laboratorio aerodinamico.

Una delle più importanti ricerche ivi attualmente in corso è quella di rendere i motori atti a funzionare a grandi altezze, dove essendo l'aria molto rarefatta (a 5000 metri la densità dell'aria è metà di quella al livello del mare) i cilindri del motore non arrivano più a caricarsi di una sufficiente quantità in peso di miscela esplosiva.

Sono stati progettati e costruiti speciali dispositivi di diverso tipo (turbo-compressori), con la funzione di alimentare i carburatori d'aria a pressione costante col variare dell'altezza e le prove pratiche sono condotte sotto la direzione del colonnello Lark, che nei primi mesi di quest'anno tenne alla sede della "Automotive Engineering Society" di New York, una notevole conferenza sui motori "surcompressi" e sulla possibilità dei voli ad alta quota, dove, per la debolissima densità dell'aria, potranno realizzarsi velocità sbalorditive.  E, per esemplificare, il Clark prognosticò nella sua conferenza futuri viaggi da S. Francisco a New York in nove ore, da Chicago a New York in tre, e finalmente da New York a Londra in un giorno.  Previsioni, del resto, che furono già da anni formulate da molti studiosi dei problemi aeronautici: citiamo a tal proposito gli studi del col. Costanzi, del Tebaldi, e tra i più importanti, quelli già conclusivi del Rateau.

Con queste ricerche efettuate a Mc. Cook sono da connettersi i voli che nella stessa stazione va compiendo con apparecchi muniti di motori surcompressi il maggiore Schroeder.  Questi il 17 febbraio raggiunse l'altezza di m. 10.820 dove trovò una temperatura di -46° centigradi.  Edotto dall'esperienza di precedenti voli il maggiore Schroeder si era portato, oltre la solita bombola di ossigeno munita di regolatore automatico, anche un'altra piccola bottiglia di riserva da portara alla bocca con un tubo di gomma.  Infatti, rottosi il regolatore automatico della bombola, non gli rimase che la piccola bottiglia la quale però ben presto si esauri.  Nello stesso tempo il pilota, che era arrivato a 10.700 metri, perdeva momentaneamente i sensi.  Appena tornò in sè e potè riprendere il controllo dell'apparecchio, l'aeroplano scendeva in avvitamento ed era a circa 1000 metri dal suolo: il barografo segnava una discesa di 7800 metri fatti in poco meno di tre minuti.  La parte interna degli occhiali gli si era coperta di ghiaccio che aveva circondato gli occhi e gelate le pupille fino al punto di renderlo quasi cieco.
 
Il pilota voleva atterrare in un certo campo e sperando che la vista migliorasse si mantenne ancora qualche minuto in aria, ma peggiorando ancora la vista discese trovandosi su Mc. Cook, dove potè atterrare in buone condizioni senza far quasi uso degli occhi.  Pronte cure gli hanno ridato l'uso della vista.  Dei quattro serbatoi di benzina tre si ruppero in seguito al rapido cambiamento di pressione durante la discesa in avvitamento.  Per il rapido cambiamento di temperatura e l'urto dell'aria, la vernice s'era staccata in striscie dalle ali.