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IL TACCUINO DEL COLLEZIONISTA    TESTO DI LUCIO CABUTTI

L'ALBANESE DI VIA BRERA

A 8 anni, cameriere in un bar di Tirana, diventa ritrattista nella vetrina di un mobiliere, è invitato a corte dalla Regina che lo manda a studiare pittura in Italia dove porta fiori sulla tomba di Raffaello… sono i rocamboleschi inizi di Ibrahim Kodra, autore della tavola fotolitografica intitolata "Suonatori", abbinata a questo numero, che i nuovi Abbonati ricevono con la sua firma autografa.

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Quel ragazzino di otto anni che serviva il caffè agli avventori di un bar di Tirana (siamo negli anni '20) non poteva certo immaginare che un giorno avrebbe portato fiori alla tomba di Raffaello, in Italia, oltre il mare, dove sarebbe vissuto affermandosi come pittore.

Conosceva invece fin troppo bene la realtà della sua breve ma dura storia: il ricordo dell'affetto di una madre persa all'età di 3 anni, quello del padre capitano di marina sempre lontano e quello di una matrigna che lo picchiava, da cui era appunto fuggito guadagnandosi la vita nel bar.

Erano i primi anni di una vita difficile, fortunosa e rocambolesca, degna di un narratore ottocentesco, con qualcosa di fiabesco anche quando la sorte veniva sofferta (come ha confidato l'anno scorso ad una attenta intervistatrice, Vittoria Palazzo) << ai limiti delle possibilità umane >>.

Un frequentatore del bar lo invita a trasferirsi nella sua casa, proponendogli di continuare gli studi con il figlio coetaneo.

La passione per il disegno è precoce; e già intorno ai dieci anni Ibrahim esegue dei ritratti, su un cavalletto collocato nella vetrina di un negozio di mobili, il cui proprietario era amico di quelli che tuttora considera i suoi genitori: anche il volto della fidanzata italiana del negoziante, ricavato da una fotografia, si traduce in una di queste opere, con viva soddisfazione del nuovo sostenitore. La notizia del "ritrattista in vetrina" si diffonde, e un funzionario della corte albanese ne parla alla Regina: è l'invito a presentarsi a corte. Il mobiliere gli procura un vestito bianco, e il ragazzino si reca nella regale villa di Durazzo sul mare; gli avevano insegnato a baciare la mano alla Regina, secondo il cerimoniale, e a fare i rituali tre passi indietro, ma nella confusione del momento, Kodra fa il baciamano a tutti, perché tutti gli parevano importanti. Viene invitato a rimanere a corte e a studiare con un nipote del re Zogu. Conclude con successo il liceo nel più noto collegio albanese, e poi frequenta la scuola d'arte di Odhisea Paskal.

<< Più ricco è il mondo dell'infanzia, più ricco il mondo che porta avanti: chi non ha sofferto è povero di valori umani >>, dice il pittore; e fin dai primi decenni per lui l'avventura di vivere è stata davvero prodiga di sorprese e di rivolgimenti, dalla fuga alla protezione della corte, fino al successivo transferimento in Italia. Nel 1938, vince una borsa di studio della Regina albanese per giovani artisti, e viene in Italia, dove lo Stato italiano, su segnalazione del console a Tirana, gli concede un'altra borsa di studio: diviene allievo del professor Siviero a Roma, che lo porta a deporre fiori sulla tomba di Raffaello. Poi si trasferisce a Milano iscrivendosi all'Accademia di Belle Arti di Brera, dove consegue l'abilitazione all'insegnamento del disegno, e frequenta i corsi di pittura di Carrà, Carpi e Funi, un corse speciale di architettura tenuto da Andreoletti, e un altro corso di Funi sull'affresco. Erano gli anni della seconda guerra mondiale, e nel 1943 Kodra esponne della mostra dei giovani alla Permanente nel capoluogo lombardo. Bel 1944 con Ciri Agostoni apre il suo primo studio milanese. Le opere di quel periodo, soprattutto alcuni disegni, testimoniano il fervore civile de momento, che proprio a Milano aveva trovato uno degli ambienti artistici più sensibili, fin dalle inquietudini neoprimitive ed espressioniste dei giovani degli anni trenta, confluite ed esacerbate poi nel movimento di "Corrente" e nell'arte della resistenza. Kodra partecipa a questo clima di revendicazione sociale e di liberazione concreta, vivendo il rinnovamento della epoca in chiave neoumanistica, << collocando, come nel rinascimento, l'uomo al centro dell'universo >>, secondo una sua espessione recente, ma estensibile anche ai personaggi, alle vittime dignitose della guerra e ai testimoni della speranza in un mondo migliore, che campeggiano nei lavori di allora. Nel 1946 esce Anche l'Italia ha vinto, un libro con disegni suoi, e di Birolli e di Vedova.

Aderisce al gruppo di Oltre Guernica nel 1945; due anni dopo fa parte del gruppo di Linea, e conosce a Milano Paul Eluard, che lo definisce << il promitivo d'una nuova civiltà >>.

L'operazione artistica, per Kodra, si configura come l'atto cruciale di una ricerca e di un lotta: <>, egli dice manifestando il proprio dissenso sulla burocratizzino politica, sul feticismo del benessere, sul conformismo e sulle ingiustizie esistenti << nell'ordine gerarchico della nostra società dei consumi >>. Al polo opposto la pittura << è lo strumento poetico più idoneo alla libera fantasia >>, e << l'arte è la professione più idoneo all libera fantasia >>, e << l'arte è la professione più libera che esista >>: risulta naturale quindi l'attrito con un mondo repressivo della libertà, in cui l'artista ritrova un ruolo di supertestimone, nella rivendicazione pratica dei << valori umani >>, mediante un lavoro inteso << come punto d'incontro e comunione spirituale fra gli uomini >> (sono ancora parole del pittore). Negli anni cinquanta e sessanta, Kodra sviluppa la propria visione alterando i momenti più tesi all'astrazione con momenti più concreti; ma in ogni caso, in questo avvicendarsi di informalità e di struttura, l'accento cade sempre su un'unica direzione: su quella <>, a proposito della sua pittura.

La razionalità di Kodra è apparentata con quella di Klee, ma anche con un'arguzia cubofuturista e con un senso surreale della fiaba: anche l'occupazione della luna, in un suo dipinto, diviene l'impatto con una dimensione incantata. È il suo modo di dissentire dalle <>, come egli dice.

Un modo che da più voci è stato definito bizantino, alludendo all'irradiarsi dell'eredità estetica de Bisanzio anche nel paese del pittore. Marco Valsecchi aveva accennato a <>: Guido Ballo ne aveva rilevato <>; Mario de Micheli aveva indicato <>; Raffaele de Grada aveva parlato di <>; e Franco Russoli, traducendo in altri termini la questione, aveva sottolineato in Kodra <>.

In questi ultimi anni, effettivamente, l'impronta geometrica della pittura di Ibrahim Kodra si è fatta più marcata, identificandosi maggiormente con le due dimensioni della tela. Se uno dei suoi punti di partenza, o meglio sollecitazione, è stato il cubismo, mediato dal clima di informazione internazionale del secondo dopoguerra e dalla personalità di Picasso (che ricorda d'aver incontrato una volta di persona nel 1948, al Congresso della Pace), si può dire che l'esperienza postcubista, tradotta nella bidimensionalità "bizantina", abbia generato un personale "quadratismo": dove ancora una volta la figura geometrica del quadrato non vale soltanto nella sua esteriorità concettuale, ma ritrova un arcaico schema simbolico, amimandosi di perfezione spirituale nella sua rigorosa e visionaria strutturalità.

LUCIO CABUTTI